Io sono la Via, la Verità e la Vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me
La Mistica Città di Dio Vol. 7 - Capitolo 5 - Maria d'Agreda
La discesa dello Spirito Santo sopra gli apostoli e gli altri discepoli. Maria santissima ne ebbe la visione intuitiva. Gli altri eventi imperscrutabili che accaddero in quel giorno
Nel cenacolo, i dodici apostoli e gli altri discepoli perseveravano lieti aspettando l'adempimento della promessa del Signore, confermata dalla grande Regina del cielo lì presente, di mandare lo Spirito consolatore che avrebbe insegnato e chiarificato loro quanto avevano ascoltato dal Maestro.
Saldamente uniti nella carità, in quei giorni nessuno ebbe pensieri, sentimenti o gesti in contrasto con gli altri: erano tutti un cuor solo ed un'anima sola nel giudicare e nell'operare.
Tra questi nuovi figli della Chiesa non si manifestò un minimo principio o segno di discordia, neppure quando ebbe luogo l'elezione di san Mattia.
In occasioni simili la diversità dei pareri può muovere la volontà in modo da creare dissapori anche tra persone in grande armonia, perché ciascuno è intento a seguire il proprio punto di vista e non ad accogliere l'opinione altrui.
In quella santa riunione invece non si infiltrò divisione, poiché i presenti furono corroborati dalla preghiera, dal digiuno e dall'attesa concorde della visita dello Spirito Santo, il quale non dimora nei cuori in conflitto.
Per conoscere quanto la comunione che li animava fosse forte e potente, tale non solo da renderli idonei a ricevere il Paraclito, ma anche da vincere e mettere in fuga i demoni, avverto che questi ultimi dall'inferno, dove stavano sprofondati fin dal momento della morte di Gesù, si sentirono colpiti da una nuova oppressione e furono presi da terrore per le virtù di coloro che erano nel cenacolo.
Essi ignoravano di che cosa si trattasse, ma comprendevano che era lì la fonte della forza sconosciuta che li abbatteva.
Intuivano che il loro impero stava per andare in rovina proprio a causa di ciò che i discepoli di Cristo cominciavano ad operare nel mondo con la parola e con l'esempio.
La Regina degli angeli, piena di scienza e di grazia, conobbe il momento preciso stabilito dalla divina volontà per inviare lo Spirito Santo sopra il collegio apostolico.
Mentre stavano per compiersi i giorni della Pentecoste, cioè i cinquanta giorni dopo la risurrezione del Redentore nostro, la beatissima Madre vide che, in cielo, l'umanità della persona del Verbo presentava all'eterno Padre la promessa che il medesimo Salvatore aveva fatta ai suoi apostoli mentre era nel mondo.
Vide inoltre che era imminente il tempo fissato dalla sua infinita sapienza per ricolmare di questa grazia la Chiesa, radicandola nella fede obbediente alla parola annunciata da suo Figlio ed elargendole i doni che Egli le aveva ottenuto.
Cristo ricordò i meriti da Lui acquistati nella carne mortale con la sua santissima vita, passione e morte, e le sue opere in favore degli uomini, dei quali era mediatore, avvocato, intercessore al cospetto dell'Altissimo; tra di essi, inoltre, viveva la sua dolcissima Madre, in cui le divine Persone si compiacevano.
Sua Maestà chiese che il Consolatore scendesse nel mondo visibilmente, oltre che in forma invisibile attraverso la grazia, poiché ciò era conveniente per onorare la legge del Vangelo agli occhi di tutti, per confortare ed incoraggiare ancor più gli apostoli e quanti dovevano predicare la Parola di Dio, per infondere terrore nei nemici di Cristo che durante la sua vita nel tempo lo avevano perseguitato e disprezzato sino alla morte di croce.
La Vergine santissima, quale pietosa madre dei fedeli, accompagnò dalla terra questa richiesta presentata in cielo dal nostro Salvatore.
Stando umilmente prostrata in forma di croce, conobbe che la beatissima Trinità accettava tale preghiera; per attuarla - a nostro modo di intendere - le due Persone del Padre e del Figlio, principio dal quale lo Spirito Santo procede e a cui se ne attribuisce l'invio, ordinavano alla terza Persona la missione attiva.
Maria vide inoltre che la terza Persona, lo Spirito Santo, accettava la missione passiva e acconsentiva a venire nel mondo.
Quantunque tutte le Persone divine e le loro operazioni esprimano una medesima volontà infinita ed eterna, senza differenza alcuna, tuttavia le facoltà, che in tutte e tre le Persone sono indivise ed uguali, hanno in una Persona alcune operazioni "ad intra" che non hanno in un'altra: così, l'intelletto genera nel Padre e non nel Figlio, perché questi è generato; la volontà spira nel Padre e nel Figlio e non nello Spirito Santo, il quale è spirato.
Per questa ragione si attribuisce al Padre e al Figlio, come a principio attivo, l'invio "ad extra" dello Spèirito Santo, al quale viene attribuito l'essere inviato in modo passivo.
In seguito a tali richieste, il giorno di Pentecoste, di buon mattino, sua Altezza esortò gli apostoli, gli altri discepoli e le donne - in tutto centoventi persone – ad invocare l'Onnipotente più fervidamente e a ravvivare la speranza, poiché ben presto sarebbero stati visitati dall'alto.
Mentre stavano pregando con la celeste Signora, all'ora terza si sentì nell'aria un fragore di tuono ed un vento impetuoso accompagnato da un grande splendore, come di baleno e di fiamma, che riempì di luce il cenacolo; e sopra coloro che erano riuniti si diffuse il Fuoco divino.
Comparvero sul capo di ognuno alcune lingue dello stesso fuoco, nel quale veniva lo Spirito Santo, colmando tutti e ciascuno di doni sublimi, con effetti assai diversi, nel cenacolo e in Gerusalemme, a seconda dei soggetti.
Solo chi abita nei cieli potette ammirare ciò che accadde in Maria: la nostra capacità è troppo inferiore per riuscire ad intenderlo e spiegarlo.
La gran Regina fu elevata e trasformata in Dio: vide la terza divina Persona chiaramente e per intuizione; godette della visione beatifica, anche se in modo transeunte, e ricevette più doni dello Spirito Lei sola di tutti i santi considerati insieme.
In quel lasso di tempo ebbe una gloria superiore a quella degli angeli e dei beati.
Dette lode e rese grazie al Signore più di quanto tutti coloro che vivono in paradiso non facciano per aver Egli mandato il Paraclito sulla santa Chiesa ed essersi così obbligato ad inviarlo ad essa molte altre volte, governandola e assistendola per suo mezzo fino alla fine dei secoli.
In questa occasione, la beatissima Trinità gradì le opere della Vergine e se ne compiacque al punto da trovarvi pieno compenso per la grazia effusa sul mondo.
E non solo: l'Altissimo si considerò come costretto a elargire tale beneficio a motivo della presenza sulla terra di questa singolare creatura che il Padre considerava come figlia, il Figlio come madre, lo Spirito Santo come sposa, e che pertanto - a nostro modo di intendere - doveva visitare e arricchire dopo averla innalzata a una dignità tanto sublime.
Nella degna e felice sposa furono rinnovati tutti i carismi del Consolatore, con nuove operazioni che noi non siamo in grado di comprendere.
Anche gli apostoli, come dice san Luca, furono riempiti del Fuoco divino che accrebbe in loro in sommo grado la grazia giustificante, nella quale essi soli furono confermati così da non poterla più perdere.
Vennero loro infuse rispettivamente, in misura appropriata, le caratteristiche specifiche dei sette doni: sapienza, intelletto, scienza, pietà, consiglio, fortezza e timore.
I Dodici conservarono questa elezione rigeneratrice dovuta a tale grande, meraviglioso ed inusitato beneficio, affinché fossero ministri idonei della nuova alleanza e fondatori della comunità cristiana.
Difatti ricevettero una forza divina che li orientava in modo efficace e soave all'eroicità nelle virtù e nella santità, come pure li animava a pregare ed agire con prontezza e facilità quando affrontavano imprese ardue e difficili, e ciò non con tristezza o sotto l'impulso della necessità, ma con gioia e letizia.
I medesimi effetti furono operati anche negli altri discepoli presenti nel cenacolo, sui quali discese lo Spirito Santo; tuttavia costoro non furono confermati in grazia come gli apostoli, ma ebbero i doni con maggiore o minore abbondanza in base alla disposizione dei singoli e in vista dei diversi ministeri ecclesiali che sarebbero stati loro affidati.
Anche tra i Dodici ci fu una proporzione: san Pietro e san Giovanni, infatti, a motivo degli alti uffici che assunsero - l'uno di governare la Chiesa come capo, l'altro di assistere e servire la sua Regina e Signora del cielo e della terra - si distinsero in modo particolare nel ricevere queste grazie.
La sacra Scrittura afferma che il Soffio divino riempì tutta la casa, non solo a motivo del dono in essa ricevuto dai discepoli ivi felicemente riuniti, ma perché l'edificio stesso fu inondato di luce ammirabile e di splendore.
Una tale abbondanza di meraviglie e di prodigi traboccò fuori del cenacolo e si comunicò agli abitanti di Gerusalemme, producendo vari e diversi effetti.
Tutti quelli che, mossi da qualche sentimento di pietà, avevano interiormente condiviso la sofferenza del nostro Redentore durante la sua passione e morte, dolendosi per i suoi acerbi tormenti e provando riverenza verso la sua persona, furono illuminati interiormente dalla grazia, la quale li dispose ad accettare in seguito la dottrina predicata dagli apostoli.
Tra coloro che si convertirono in seguito al primo discorso di san Pietro vi furono molti di questi, i quali così ottennero gran frutto dalla compassione provata per la morte di Gesù.
Ugualmente ad altri giusti, che si trovavano in Gerusalemme fuori del cenacolo, fu donata una grande consolazione interiore, grazie alla quale il cuore di ciascuno divenne disponibile a tal punto da permettere allo Spirito Santo di operarvi nuovi prodigi.
In seguito all'effusione del Paraclito, in questo giorno nella città si verificarono altri fenomeni straordinari, contrari ai precedenti ma non meno portentosi, anche se più nascosti; ad esempio, il fragore di tuono e i lampi, che accompagnarono la venuta dello Spirito, turbarono e intimorirono gli abitanti di Gerusalemme che erano nemici del Signore, ognuno nella misura della propria malevolenza e perfidia.
Gli artefici della morte del nostro Salvatore, distintisi per cattiveria e crudeltà, subirono una punizione del tutto singolare: caddero in terra picchiando la testa e vi rimasero tre ore.
Coloro che avevano flagellato sua Maestà morirono immediatamente affogati nel proprio sangue che, per la forte pressione del vento, era fuoriuscito dai vasi sanguigni fino a soffocarli; con ciò pagarono il fio per quel sangue che con tanta malvagità avevano sparso.
Il temerario che aveva schiaffeggiato Gesù non solo morì repentinamente, ma fu cacciato all'inferno in anima e corpo.
Altri giudei, pur non morendo, furono puniti con atroci sofferenze e con alcune orribili infermità che, insieme alla colpa volontariamente addossatasi per l'uccisione del Redentore, si sono trasmesse ai loro discendenti, i quali ancor oggi ne sono resi impuri e deformi.
Questo fatto ebbe notevole risonanza in Gerusalemme, benché i sommi sacerdoti e i farisei facessero di tutto per nasconderlo, come già avevano fatto riguardo alla risurrezione di Cristo.
Dal momento che non si trattava di un avvenimento molto importante, però, gli apostoli e gli evangelisti non ne scrissero e fu subito dimenticato, a motivo del subbuglio che si era creato tra i numerosi abitanti.
Il castigo raggiunse anche l'inferno, dove i demoni per tre giorni provarono un disorientamento e un'oppressione mai avvertiti prima, così come i giudei erano rimasti stesi al suolo per tre ore. Durante quei giorni, Lucifero e i suoi diavoli emisero urla fortissime, per cui i dannati furono presi da uno strazio e da un abbattimento indescrivibili, che li gettarono in una dolorosa confusione.
Oh, Spirito ineffabile ed onnipotente!
La santa Chiesa ti chiama "dito di Dio" perché procedi dal Padre e dal Figlio, come il dito dal braccio e dal corpo.
In questa occasione ho compreso chiaramente che partecipi dello stesso potere infinito del Padre e del Figlio.
Per la tua presenza regale, cielo e terra si mossero nel medesimo istante, con esiti assai diversificati in tutti i loro abitanti, molto simili però a quelli del giorno del giudizio.
Ricolmasti i santi e i giusti della tua grazia, dei tuoi doni e delle tue consolazioni inesprimibili, mentre punisti gli empi e i superbi riempiendoli di angoscia.
In ciò riconosco veramente adempiuta la parola da Te pronunciata per bocca di Davide, cioè che tu sei il Dio delle vendette e che liberamente operi dando la degna ricompensa ai malvagi, affinché non si glorino della loro malizia, né pensino che non puoi vederli e scrutare il loro cuore per riprenderli e castigarli.
Intendano, dunque, gli sciocchi del mondo e sappiano gli stolti della terra che l'Altissimo conosce i vani pensieri degli uomini e che, se con i fedeli è generoso e soave, con gli empi, al contrario, è rigoroso e giusto.
La terza divina Persona in questa circostanza doveva mostrare l'uno e l'altro aspetto, dal momento che procedeva dal Verbo incarnatosi per amore degli uomini e morto per redimerli patendo offese e tormenti innumerevoli senza aprire bocca o contraccambiare le umiliazioni e le ingiurie.
Era giusto, dunque, che lo Spirito, venendo nel mondo, assumesse la difesa dell'Unigenito del Padre.
I nemici del Signore non furono tutti puniti, ma il castigo dei più empi rimase di esempio per gli altri che lo avevano disprezzato con perfidia: se costoro non si fossero arresi alla verità facendo penitenza, approfittando del tempo che veniva loro concesso, avrebbero subito una punizione simile.
Al contrario, era conforme a giustizia che venissero premiati e resi idonei al ministero di impiantare la Chiesa e diffondere la buona novella quei pochi che avevano accolto il Salvatore, lo avevano ascoltato e seguito riconoscendolo Messia, e che avrebbero dovuto predicare la sua dottrina.
Alla divina Madre, poi, la visita del Paraclito in un certo senso era dovuta.
Come disse l'Apostolo, l'uomo che - conforme all'insegnameno di Mosè - lascia il padre e la madre per unirsi con la sposa è sacramento di Cristo, il quale venne dal seno del Padre per unirsi alla Chiesa sua sposa nell'umanità ricevuta da Maria.
Analogamente, lo Spirito Santo doveva scendere per stare con la Vergine, che non è meno sposa sua di quanto la Chiesa lo sia di Cristo, e che Egli non amava meno di quanto il Verbo incarnato ami la Chiesa.
Insegnamento della Regina del cielo
Figlia mia, i cristiani sono poco attenti e grati all'Altissimo per il beneficio loro elargito con l'invio dello Spirito Santo.
Fu tanto grande l'amore con cui il Padre volle attirarli a sé che, per renderli partecipi della sua perfezione, mandò prima il Figlio, la sapienza, quale redentore e maestro degli uomini, poi lo Spirito Santo, cioè il suo stesso amore, affinché i credenti venissero arrichiti di questi attributi in proporzione alla propria capacità interiore.
Benché la prima volta il Soffio divino fosse effuso solo sugli apostoli e sugli altri che stavano con loro, ciò fu pegno e testimonianza dei carismi e delle grazie che in seguito tutti i seguaci di Cristo, figli della luce e del Vangelo, avrebbero ricevuto se fossero stati disponibili.
Venne dunque il Consolatore, in forma e con effetti visibili, sopra quei credenti che veramente erano servi fedeli, umili, sinceri, puri di cuore, pronti ad accoglierlo.
Anche oggi egli viene in molte anime giuste, sebbene non con segni così appariscenti, poiché non è più necessario né opportuno.
Tuttavia la qualità della sua azione è la stessa e penetra in ciascuno nella misura della sua docilità.
Felice è l'anima che brama e sospira di partecipare di questo munifico Fuoco divino che accende, illumina e consuma quanto trova in lei di terreno e carnale; dopo averla purificata, la eleva ad una nuova condizione mediante l'unione con Dio stesso.
Tale felicità, figlia mia, io desidero per te da vera ed amorevole madre e, affinché tu la consegua in pienezza, ti esorto nuovamente a preparare il cuore, impegnandoti a conservarlo in una inalterabile tranquillità qualunque cosa ti accada.
La divina clemenza vuole porti in alto, in una dimora eccelsa e sicura, dove abbiano fine le tempeste del tuo spirito e non giungano le forze nemiche del mondo e dell'inferno, dove l'Altissimo riposi nella tua quiete e trovi in te un'abitazione e un tempio degni della sua gloria.
Non mancheranno assalti e tentazioni, che il demonio escogiterà con somma astuzia: tu sii pronta e accorta, affinché nella tua anima non vi sia turbamento né inquietudine.
Custodisci interiormente il tuo tesoro e godi le delizie del Signore, i dolci frutti del suo casto amore e della sua sapienza, dal momento che proprio in questo egli ti ha eletta ed esaltata tra molte generazioni, aprendo generosamente la sua mano verso di te.
Considera dunque la tua vocazione: sta' sicura che l'Onnipotente ti offre di nuovo la partecipazione e la comunicazione dello Spirito e dei suoi doni.
Sappi però che quando egli li concede non coarta la libertà, perché lascia sempre in potere di chi li riceve la possibilità di volgersi, a proprio arbitrio, al bene o al male; perciò, confidando nella grazia, conviene che tu decida di imitarmi in tutto, non ostacolando l'opera del Consolatore.
Per farti intendere meglio questa dottrina, ti insegnerò come trarre profitto dai sette doni.
- Il primo, cioè la "sapienza", ti fa conoscere e gustare le cose divine, affinché il tuo cuore sia riscaldato con l'amore che ti deve animare per esse, ricercando attivamente in ogni cosa buona ciò che è più accetto al Signore.
Collabora con questa mozione e abbandonati interamente al beneplacito divino, disprezzando quello che può esserti di impedimento, per quanto possa sembrare amabile alla volontà e desiderabile ai sensi.
- In questo ti aiuta il secondo dono, l`intelletto, dandoti una luce speciale per penetrare profondamente l'oggetto rappresentato all'intelligenza.
Da parte tua, devi cooperare distogliendoti dalle false notizie che il demonio ti presenta, direttamente o per mezzo di altre creature, al fine di distrarre la mente.
In realtà, ciò procura grande imbarazzo all'intelletto umano, perché si tratta di due intelligenze incompatibili e la scarsa capacità umana, divisa tra molti oggetti, pone in ciascuno di essi minor attenzione di quella che vi metterebbe se si occupasse di uno solo.
Si fa allora esperienza della verità proclamata nel Vangelo: Nessuno può servire a due padroni.
- Quando l'anima tutta intenta al bene lo comprende, allora le è necessaria la "fortezza", il terzo dono, per eseguire risolutamente quello che all'intelletto è stato manifestato come migliore e più gradito a Dio.
Le difficoltà e gli ostacoli che incontrerà saranno vinti con tenacia ed essa si esporrà a qualunque sofferenza, pur di non privarsi dello splendido tesoro che ha scoperto.
Molte volte succede che, per l'ignoranza e i dubbi insiti nella natura umana e per il sopraggiungere della tentazione, la creatura non riesca a capire il fine e le conseguenze della verità divina conosciuta.
Mentre aspira al meglio, ella resta confusa tra le diverse possibilità presentatele dalla prudenza della carne.
- In tal caso, le occorre il dono della "scienza", il quarto, che illumina opportunamente per distinguere le cose buone dalle altre, per imparare ciò che è sicuro ed anche per comunicarlo, se necessario.
- A questo, segue il dono della "pietà", il quinto, che con forte dolcezza orienta l'anima verso quello che veramente piace al Signore e le è di vantaggio spirituale, affinché compia il bene solo per motivazioni virtuose e non sotto l'impulso di qualche passione naturale.
- Inoltre, perché si governi in tutto con singolare prudenza, occorre il sesto dono, il "consiglio", che dirige la ragione ad agire con accortezza e audacia, dando con discrezione suggerimenti riguardo a sé e al prossimo, scegliendo i mezzi consoni al raggiungimento di obiettivi onesti e degni di un seguace di Cristo.
- L'ultimo dei doni, il "timore", custodisce tutti gli altri e predispone il cuore a fuggire e a tenersi lontano da ogni cosa imperfetta, pericolosa, in contrasto con la santità dell'anima per la quale costruisce come un muro di difesa.
Bisogna divenire pienamente consapevoli della materia e della modalità proprie dell'azione del santo timore, perché la creatura non ecceda in esso temendo senza fondamento, come tante volte ti è successo per l'astuzia del diavolo, il quale ha inoculato in te la paura disordinata perfino dei benefici di Dio.
Il mio insegnamento ti renderà prudente nel mettere a frutto i doni dell'Altissimo e nel porti di fronte ad essi.
Tieni presente che la scienza del temere è proprio l'effetto dei favori concessi dall'Onnipotente: egli la comunica all'anima con dolcezza e pace affinché sappia stimare ed apprezzare le sue grazie, che non sono di breve durata se provengono dalla mano dell'eterno Padre.
In tal modo il timore non le impedirà di rendersi conto del beneficio divino, ma anzi la indirizzerà ad essere grata al Signore con tutte le forze e ad umiliarsi fino alla polvere.
Conoscendo tali verità senza inganno e lasciando la vigliaccheria del timore servile, ti resterà il timore filiale, con il quale, quasi fosse la tua stella polare, navigherai sicura in questa valle di lacrime.